LA FORZA DI UNA DONNA – Ceyda scopre che Arda non è suo figlio a causa di un dettaglio scioccante

Il silenzio della casa di Ceyda è rotto solo dal rumore lontano della televisione, accesa a volume minimo. Siede sul divano, con lo sguardo perso, cercando di tenere insieme i pezzi di una vita che sembra sul punto di sgretolarsi. Quando il suo telefono inizia a squillare, il cuore le balza in gola. Sullo schermo compare il nome di sua sorella. È tardi, troppo tardi per una chiamata del genere. Una fitta di paura le attraversa il petto.

«È successo qualcosa ad Arda?» pensa, rispondendo con la voce tremante. Dall’altra parte, sente parole confuse, rotte dal pianto e dal panico. «Cosa? Aspetta, cosa stai dicendo? Che succede?» balbetta Ceyda, ma la risposta non la rassicura. Qualcosa è accaduto, e Arda è coinvolto.

Sconvolta, si alza di scatto, gira per il soggiorno come un animale in gabbia. «Come ci arrivo se non ho più soldi?» esclama, stringendosi la testa tra le mani. Poi un nome le attraversa la mente come una lama: Henry. L’unico che può aiutarla, l’unico che deve aiutarla.

Prende il telefono, lo compone. Ma Henry non risponde. Dall’altra parte della città, lui è seduto in un bar, con un bicchiere di whisky tra le dita e uno sguardo pieno di rancore. Quando vede comparire il nome di Ceyda, rifiuta la chiamata. Non vuole affrontarla. Non ora.

Lei insiste, ancora e ancora, ma il silenzio è la sola risposta. Alla fine, spinta dalla disperazione, corre fuori. Il vento della notte le taglia il viso mentre attraversa la città fino al locale dove sa che lui si trova. Quando entra, lo vede seduto al tavolo, freddo e distante, come se tra loro ci fosse un muro invisibile.

«Henry! Ti ho chiamato! Devi venire con me. Mia madre ha avuto un problema, devo prendere Arda!» implora. Ma lui non si muove. Non la guarda neppure. Poi, con voce gelida, dice solo:
«Vai a prendere tuo figlio.»

Quelle parole la colpiscono come uno schiaffo. Ceyda resta immobile, incapace di capire. «Come? Cosa stai dicendo?» chiede, la voce incrinata. Ma Henry prende un foglio dal tavolo e lo getta ai suoi piedi.
«Perché non chiedi aiuto al padre di tuo figlio?»

Sbigottita, si china e raccoglie il foglio. Le mani tremano, gli occhi scorrono sulle righe del documento. Quando legge il titolo — Test del DNA — il mondo smette di girare.

«Non può essere…» sussurra.

Henry si piega verso di lei, la voce piena di veleno: «È tutto lì. Arda non è mio figlio.»

Ceyda resta senza fiato. I suoi occhi si riempiono di lacrime mentre si volta e corre via. Le strade sembrano deformarsi intorno a lei, le luci si confondono, i pensieri si fanno nebbia. “Non può essere vero. È una menzogna. È mio figlio!

Più tardi, con Arda tra le braccia, Ceyda trova rifugio a casa di Bahar. Cerca di trattenere le lacrime, ma le parole le escono come un fiume in piena.
«Ha detto che Arda non è suo figlio! Come può essere così crudele? Henry è stato il mio primo amore, non c’è nessun altro!»

Bahar, cercando di mantenere la calma, le suggerisce di rifare il test, per dimostrare la verità. Ma Ceyda scuote la testa, disperata.
«Henry l’ha già fatto! E il risultato dice che Arda non è suo figlio!»

Il dubbio inizia a insinuarsi anche nella mente di Bahar, ma l’amica, ferita, la interrompe:
«Non osare mettermi in dubbio! Io so chi è mio figlio!»

Le ore passano, e la rabbia lascia spazio a una determinazione feroce. «Rifaccio il test. Lo rifaccio con un medico vero. Nessuno comprerà più la verità.» Bahar le promette di accompagnarla.

Più tardi, quando la dottoressa Jale arriva a casa, Ceyda la accoglie con un sorriso pieno di speranza. «Finalmente buone notizie, vero?» chiede, cercando di mascherare la tensione. Ma la dottoressa non sorride. Il suo sguardo è grave, le parole esitano sulle labbra.

«Ceyda… il bambino non è suo.»

Il mondo si ferma. Bahar spalanca gli occhi, incredula. «Come sarebbe a dire?» chiede Ceyda, la voce strozzata.

Jale inspira profondamente. «Arda non è figlio di Henry. Ma… non è nemmeno tuo.»

Il silenzio che segue è irreale. Ceyda sente il suolo mancare sotto i piedi. Le orecchie le ronzano, il cuore le martella nel petto.
«Cosa?! Io l’ho partorito! L’ho tenuto in braccio! Ho sentito il suo primo pianto!» urla, piegandosi in due dal dolore.

«Ceyda,» spiega Jale con voce rotta, «crediamo che ci sia stato uno scambio in ospedale. Arda non è tuo figlio biologico.»

Il respiro di Ceyda si spezza. Le lacrime la accecano. Poi, un rumore lieve: il giocattolo di Arda cade sul pavimento. Lui la guarda, innocente, spaventato.

Ceyda corre da lui, lo abbraccia con tutta la forza che le resta. «Vieni dalla mamma, amore mio. Vieni qui.» Lo stringe, lo bacia, lo copre di lacrime.
«È mio. Nessuno me lo porterà via.»

Jale, commossa, dice piano: «L’amore che provi per lui non lo cambierà nessun test.»

Ma Ceyda non sente più nulla. Tiene Arda stretto al petto, come a proteggerlo dal mondo.
«È mio figlio. È mio. Lo sarà sempre.»

Bahar la abbraccia, con le lacrime agli occhi. «Troveremo il tuo vero figlio, te lo prometto. E Arda resterà con te. Non sei sola.»

Jale annuisce: «Scopriremo chi ha fatto questo. Nessuno distrugge una madre così e la passa liscia.»

Ceyda si asciuga il viso, ancora tremante ma con un lampo di forza negli occhi.
«Troverò la verità. Troverò mio figlio. E proteggerò Arda. Perché l’amore non si misura col sangue, ma con il cuore.»

Arda la guarda, piccolo e confuso. Le tocca il viso e sussurra: «Mamma, non piangere.»

Quelle parole, semplici e pure, sono come una lama e una carezza allo stesso tempo. Ceyda lo stringe ancora più forte. E in quel momento capisce che, qualunque sia la verità, nessuno potrà mai separarla dal bambino che chiama mamma. 💔