LA NOTTE NEL CUORE ANTICIPAZIONI: HIKMET SMASCHERA SUMRU, LA VERITÀ DISTRUGGE TUTTO
Era ancora buio quando Cian, finalmente libero, respirò per la prima volta l’aria fuori dal carcere. Non era la libertà che aveva immaginato: nessun grido, nessuna gioia. Solo il silenzio, denso di ferite e ricordi. L’odore della pioggia si mescolava a quello del ferro, come se la città gli ricordasse che non si esce mai davvero indenni da ciò che si è stati. Davanti ai cancelli lo attendeva Taen. Nessuna parola, solo una sigaretta tesa come un segno di tregua. Per un istante, l’odio tra loro parve dissolversi: due uomini che avevano perso tutto, ma che ora potevano almeno guardarsi senza rabbia.
Mentre il sole sorgeva su una città che sembrava non accorgersi del suo ritorno, altrove N guardava il proprio riflesso nello specchio dello studio medico. Aveva iniziato la terapia, deciso a liberarsi dal rancore verso sua madre, Sumru. Parlare di lei era come camminare su un filo sottile: ogni parola rischiava di farlo cadere nel vuoto del passato. Il terapeuta lo ascoltava con calma, ma ogni domanda scavava più a fondo. Perdonare? Non era pronto. Ma almeno voleva smettere di odiare, per respirare di nuovo.

Intanto, nella grande villa di famiglia, Hikmet osservava Sumru con occhi nuovi. Qualcosa non tornava da giorni: l’aggressione che aveva subito, le sue parole precise, quasi recitate. Hikmet conosceva l’odore della menzogna, e quella storia ne era impregnata. Mentre tutti si concentravano sulla libertà di Cian, lei cominciava a notare i dettagli: orari incoerenti, ferite troppo superficiali, la teatralità di Sumru. Il sospetto cresceva dentro di lei come una fiamma silenziosa.
Cian cercava di riappropriarsi della vita, ma ogni passo lo riportava al dolore. Quando seppe che Alil aveva fatto irruzione nello studio di Melek, si sentì di nuovo prigioniero, non delle sbarre, ma dei sentimenti. Melek, intanto, restava chiusa nel suo ufficio, incapace di distinguere il presente dal passato. Solo un messaggio di Cian – “Sto tornando” – riuscì a strapparle un respiro di sollievo.
Nel frattempo, Hikmet non riusciva più a ignorare la verità che si delineava sotto i suoi occhi. Le prove erano troppe: un graffio “messo in scena”, un orario falsificato, un testimone che non ricordava nulla. Tutto portava a un’unica conclusione: Sumru aveva finto la sua aggressione. Ma perché?
La risposta era nascosta nella paura. Sumru sentiva il terreno cedere sotto di sé. Ricevette una telefonata anonima – “Hanno dei dubbi su di te” – e il suo cuore impazzì. Per la prima volta, la donna che aveva sempre controllato tutto si trovava circondata da ombre che non riusciva più a manipolare. Tentò di mantenere la calma, ma la sua maschera cominciava a incrinarsi.
Nel frattempo, N – ormai deciso a liberarsi dal peso dell’odio – tornò a casa con una nuova consapevolezza. Non poteva più lasciarsi controllare dal dolore che Sumru gli aveva imposto. “La guarigione comincia quando smetti di cercare scuse a chi ti ha ferito”, si disse.
Hikmet, determinata, riaprì il fascicolo dell’aggressione con l’aiuto di un vecchio contatto nella polizia. La verità arrivò come una lama gelida: nessun referto autentico, nessuna prova reale. Le ferite erano autoinflitte. Tutto era una messinscena. Il dolore di una madre usato come arma, la pietà come strumento di potere.
La notte, Hikmet non dormì. Guardò il soffitto chiedendosi se rivelare la verità significasse davvero fare giustizia, o solo distruggere tutto. Ma all’alba decise: avrebbe affrontato Sumru, anche se questo significava perdere ogni alleanza.
Entrò nella sua stanza senza bussare. Sumru la stava aspettando. “Sapevo che saresti venuta”, disse con voce fredda. Hikmet la fissò: “Hai finto un’aggressione, hai usato il dolore come moneta di scambio. Ma questa volta non ti crederà nessuno.”
Sumru non negò. “Finché avrò Samet, non mi serve nient’altro.”
Hikmet le rispose con un sorriso amaro: “Neanche lui ti resterà quando scoprirà chi sei davvero.”