LA NOTTE NEL CUORE: Jihan tra la vita e la morte in ospedale. ANTICIPAZIONI
Nel nuovo, straziante capitolo di La Notte nel Cuore, l’amore tra Cihan e Melek raggiunge il limite estremo — quello tra la vita e la morte. La loro unione, un tempo simbolo di purezza e passione, ora giace distrutta, vittima di segreti, colpe e di un destino beffardo che sembra divertirsi a intrecciare i fili del dolore e della speranza.
Tutto comincia con una rivelazione che cade come un fulmine a ciel sereno: Melek scopre che Cihan l’ha tradita. Una notte a Berlino, un errore che lui credeva sepolto nel passato, torna a galla con la crudeltà di un’onda che spazza via tutto. La verità arriva dalle labbra di Peri, un’ombra del passato, decisa a vendicarsi e a distruggere ciò che lui ama di più. Melek, incinta, sente il suo mondo crollare: ogni parola di Cihan suona come una menzogna, ogni carezza come un inganno.
Il dolore è così profondo da diventare fisico. Melek si sente persa, tradita, intrappolata in un abisso di rabbia e paura. Ogni ricordo felice si trasforma in una ferita aperta. Cihan tenta disperatamente di raggiungerla, di spiegarle che è lei la sua unica donna, che quella notte è stato solo un errore, ma Melek non riesce a guardarlo senza vedere l’ombra di Peri tra loro. E mentre cerca di trovare un appiglio per non annegare nel dolore, decide di fare un gesto semplice, quasi simbolico: comprare un regalo per sua madre, come a voler aggrapparsi a qualcosa di puro e incontaminato.

La scena in gioielleria è una bolla di calma prima della tempesta. Lì, tra diamanti che brillano come stelle e perle che riflettono la luce lunare, Melek ritrova per un istante il respiro. Il gioielliere, Vedat, un uomo gentile e saggio, le mostra una collana di oro bianco con un ciondolo a forma di cuore: un simbolo di amore eterno. Melek, commossa, immagina il sorriso di sua madre, il calore di un affetto che non tradisce. Ma il destino ha già deciso di colpire, ancora una volta, nel momento di maggiore fragilità.
Due uomini armati fanno irruzione nel negozio. Il panico esplode. I clienti si immobilizzano, il respiro si spezza. Melek, istintivamente, si copre il ventre, proteggendo il suo bambino. Tutto si muove come al rallentatore: urla, minacce, il suono dei gioielli che cadono a terra come lacrime di vetro. E mentre il terrore si diffonde, Cihan arriva. L’ha seguita, come fa ogni giorno da quando lei lo ha lasciato. Non può restare a guardare.
Con un coraggio disperato, entra nel negozio e si mette davanti a Melek, facendole da scudo. Non alza la voce, non minaccia: parla con calma, implora solo di poterla portare via. Ma le parole non bastano più. Il capo dei rapinatori, ormai accecato dalla paura, urla, spara, e in quell’istante la tragedia si compie.
Cihan si getta davanti a Melek. Il proiettile lo colpisce in pieno petto. Il tempo si ferma. Il suo corpo vacilla e poi crolla tra le braccia della donna che ama. Melek urla il suo nome, le mani sporche del suo sangue, la voce spezzata in un lamento che sembra uscire dalle viscere. Le sirene squarciano l’aria, la polizia arresta i rapinatori, ma per lei il mondo si è già spento. Tutto ciò che resta è il corpo di Cihan, immobile, pallido, fragile come un sogno infranto.
All’ospedale, Melek corre tra i corridoi bianchi, il cuore che batte come un tamburo impazzito. Ogni passo è una preghiera, ogni respiro un dolore. Cihan è in sala operatoria, tra la vita e la morte. Lei si accascia su una sedia, stringendosi il ventre, piangendo lacrime che non finiscono mai. Quando il chirurgo finalmente esce, il suo sguardo dice tutto prima ancora delle parole.
“Non siamo riusciti a rimuovere il proiettile.”
Quelle parole cadono come pietre. Melek resta immobile, il viso bianco come il muro alle sue spalle. Lo zio di Cihan urla, la madre di Melek singhiozza, la sorella Arika cerca di consolarla ma non ci sono parole per un dolore così. Tutto ciò che rimane è la paura — quella paura che il loro amore, così grande, così intenso, possa finire su un letto d’ospedale, tra il suono delle macchine e il respiro artificiale.
Cihan viene trasferito in terapia intensiva. È in coma, collegato a fili e tubi che lo tengono in vita. Melek lo guarda attraverso il vetro, il volto segnato dalle lacrime, le mani appoggiate al vetro freddo come se potesse sentirlo. Sussurra parole che lui non può udire:
“Non lasciarmi, Cihan. Ti prego, non lasciarmi.”
Nel silenzio dell’ospedale, tra il battito delle macchine e il ticchettio di un orologio, si consuma la più grande delle battaglie: quella tra l’amore e la morte. Melek si incolpa, si maledice, ripete che è tutta colpa sua, che non avrebbe dovuto entrare in quella gioielleria, che non avrebbe dovuto farlo soffrire. Ma in fondo al suo cuore, una voce fragile e ostinata continua a battere: la speranza.
Forse Cihan la sente. Forse, da qualche parte, anche nel buio del coma, lui lotta per tornare da lei. Perché il loro amore — anche se tradito, ferito, spezzato — è ancora vivo. È un cuore che batte tra due corpi, un filo invisibile che li tiene uniti, anche oltre la vita.
E mentre la notte cala su Istanbul, silenziosa e pesante come un sudario, Melek resta lì, al suo fianco, sussurrando il suo nome. Una preghiera, un grido, un atto d’amore assoluto.