SCANDALO ALIHAN: TRAVOLTO DA UNA VALANGA DI MENZOGNE! ENDER: IL PIANO SEGRETO! FORBIDDEN FRUIT 2° P
Istanbul non dorme mai, ma quella notte sembrava trattenere il respiro. Sotto le luci dorate del Bosforo, ogni sorriso nascondeva un segreto e ogni sguardo era una lama pronta a colpire. Alihan, un tempo uomo d’affari dal cuore di ghiaccio, ora vagava come un’anima smarrita, intrappolato tra l’amore che aveva tradito e la furia che non sapeva domare. Intorno a lui, come attrici di un dramma perfetto, Ender, Yildiz e Zeynep si muovevano su un palcoscenico dove la menzogna era l’unico linguaggio possibile.
La villa di Halit Argun brillava di lusso e inganno. Tra lampadari di cristallo e calici di champagne, Ender osservava tutto da lontano, fredda e lucida. Era lei la regista invisibile di quella notte. Mentre i musicisti accordavano gli strumenti e i camerieri si muovevano in silenzio, la donna aveva già tracciato le linee del suo piano: colpire senza sporcarsi le mani, manipolare senza farsi vedere. Al suo fianco, Yildiz, bella e inquieta, cercava di nascondere la paura dietro un sorriso impeccabile. Era consapevole di essere parte di un gioco più grande di lei, ma ormai non poteva più tornare indietro.
“Dündar è solo una pedina,” le sussurrò Ender, sollevando il calice. “Finché tutti guardano lui, nessuno guarderà noi.”
Yildiz la fissò, confusa. “Distrazione per cosa?”
Ender le restituì uno sguardo tagliente. “Per quello che stiamo preparando contro Zehra e Kemal. Quel matrimonio non deve avvenire.”
Sotto l’apparente eleganza della serata, si muovevano le ombre del complotto. Irem, giovane e impulsiva, cugina di Yildiz e Zeynep, era la pedina scelta per compiere la mossa decisiva. Non sapeva di essere parte di un inganno. Credeva di poter cambiare le regole di un mondo che la disprezzava. Ma il suo sorriso ingenuo era solo un’arma nelle mani di chi conosceva la potenza del sospetto.
Mentre i brindisi riempivano la sala, Irem si avvicinò a Kemal. “Solo un messaggio di ringraziamento,” mormorò, scivolando un biglietto nella tasca della sua giacca. Nessuno la notò — tranne Ender, che nascose un sorriso. Sapeva che bastava una lettera, una frase ambigua, per scatenare l’inferno.
Più tardi, Zehra, ignara di tutto, trovò quel biglietto. Il suo nome non c’era, ma la calligrafia di Irem le trafisse gli occhi. “No… non può essere,” sussurrò, mentre la verità — o ciò che credeva tale — le esplodeva nel petto. La lettera cadde ai suoi piedi come un frammento di vetro. Fu in quell’istante che capì: da quella notte, nulla sarebbe stato più come prima.
Altrove, lontano dalle luci della festa, Zeynep si preparava al suo sacrificio. Nel silenzio della sua casa, camminava tra corridoi che sapevano di rimpianto. Sul tavolo, un vestito attendeva come un testimone muto; accanto, l’anello che avrebbe dovuto indossare per fingere di amare Dündar. “Riuscirò mai a salvarlo senza distruggere me stessa?” si chiese, toccandosi il cuore. Ma la risposta era scritta negli occhi stanchi del suo riflesso: fingere era l’unico modo per sopravvivere.
Alihan, invece, vagava inquieto. Era stanco di combattere contro un dolore che non sapeva nominare. Ogni ricordo di Zeynep gli bruciava sotto la pelle, ogni respiro era un rimpianto. Quando entrò nella villa, gli sguardi si voltarono, ma lui non vide nessuno. Solo lei. Zeynep, vestita di luce e malinconia, al fianco di un uomo che non amava. Il mondo intorno si fermò.
“Sei felice, Zeynep?” le sussurrò, avvicinandosi con lo sguardo di chi è pronto a implodere. “È questo che volevi? Farti proteggere da lui?”
Lei rise amaramente. “Meglio che essere ferita da te.”
“Ferita?” ribatté. “Tu non sei l’unica che ha sofferto.”

Zeynep lo guardò dritto negli occhi. “No, ma tu sei l’unico che ha scelto di far soffrire gli altri.”
Le loro parole furono come colpi dritti al cuore. Nessuno dei due riusciva a dire ciò che davvero sentiva. L’orgoglio era più forte dell’amore, e il silenzio più crudele della verità. “Io non ti ho mai dimenticata,” disse infine Alihan, con voce rotta.
Lei fece un passo avanti, vicinissima. “E se fosse vero? Non cambierebbe nulla. Tu hai scelto la vendetta, io la sopravvivenza.”
Un brivido attraversò la sala. Tutti continuavano a ballare, ignari del dramma che si consumava a pochi passi. Dündar si avvicinò a Zeynep, le posò una mano sulla spalla. Ma lei non lo sentì. I suoi occhi seguivano Alihan che si allontanava, rigido, distrutto.
Fuori, la pioggia cominciò a cadere, lenta, silenziosa. Alihan camminò lungo il Bosforo, il volto rigato d’acqua e rimpianto. Ogni passo era un peso, ogni goccia un ricordo. “Non c’è vendetta che guarisca un amore come il nostro,” mormorò nel buio.
Dall’altra parte della città, Zeynep si tolse l’anello e lo strinse nel palmo, fino a farsi male. “Non c’è menzogna che cancelli ciò che sento,” sussurrò, guardando le luci di Istanbul riflettersi tra le lacrime.
Intanto, alla villa, Ender brindava in silenzio. Il suo piano era riuscito: Zehra distrutta, Dündar confuso, Alihan vulnerabile. Tutti i pezzi erano al loro posto. Ma mentre il suo sorriso si rifletteva nel bicchiere, una fitta improvvisa le attraversò il cuore. Forse, per la prima volta, capì che la vera prigione non era l’amore — era il potere che costringeva a vivere senza di esso.
La notte di Istanbul finì così: con un uomo solo sulla riva, una donna che piangeva davanti a una finestra, e un’altra che, tra le luci della festa, scopriva che anche la vittoria può avere il sapore della solitudine.
Perché in Forbidden Fruit, la verità non libera. Distrugge. 💔