La forza di una donna – Bahar scopre la morte di Yeliz e il suo urlo spezza tutto
La mattina sembra identica a tutte le altre, eppure nell’aria c’è un’inquietudine sottile, come un’ombra che non ha nome. Bahar si muove per la casa in silenzio, i gesti lenti, gli occhi che tradiscono stanchezza e un pensiero che continua a graffiarle il cuore. Da giorni un presentimento la tormenta: un sogno ricorrente, il volto di Yeliz che la chiama da qualche luogo lontano, come se volesse dirle addio. Bahar scuoteva sempre la testa, non voleva crederci. La speranza, a volte, è l’ultimo filo che ci tiene in piedi.
Quando Doruk le porge distrattamente il caricatore trovato nella stanza di Piril, Bahar sente il cuore accelerare come se stesse per assistere a qualcosa che non voleva affrontare. Accende lo schermo del telefono con le mani tremanti. La luce che si accende le sembra fredda, innaturale. Compone un numero, solo uno: quello di Ceyda.
Dall’altra parte risponde Emre. La sua voce è calma, stanca, come se quella mattina avesse già visto troppo. Le dice che Ceyda ha avuto un piccolo incidente, niente di grave, è uscita con Hatice per andare in farmacia. Bahar annuisce, ma qualcosa in quella storia non le torna. Perché sua madre e Ceyda sono insieme? Perché sono lì?
Poi Emre aggiunge una frase di troppo.

«Volevo solo farle le condoglianze.»
È una parola semplice, comune. Ma in quell’istante cade su Bahar come una pietra che frantuma tutto.
Le condoglianze.
Il cuore di Bahar si ferma. La voce le esce sottile, spezzata, quasi un soffio:
«Per cosa? Per chi, Emre?»
Lui capisce. Lo si sente nella pausa, nel respiro che manca. Vorrebbe tornare indietro. Vorrebbe cancellare ciò che ha appena detto. Ma non si possono trattenere le parole una volta che si sono messe in viaggio.
Il silenzio si allunga.
Poi un sussurro:
«Per Yeliz.»
Il telefono le scivola dalle mani come se fosse improvvisamente diventato troppo pesante. Le immagini nella mente la investono tutte insieme. Il sorriso di Yeliz. La sua voce. Il sogno. Quella strana sensazione di averla già perduta. Non era un’ombra. Era un avvertimento.
Bahar non respira. Il dolore la colpisce al petto, violento, assoluto, come se qualcuno le avesse strappato l’aria.
Nisan e Doruk entrano nella stanza, spaventati. La guardano: il volto bianco, gli occhi vuoti, le mani che tremano. Le chiedono cosa sia successo, ma Bahar non riesce a parlare. Li prende per le braccia, con un gesto disperato, e li trascina fuori. Chiude la porta. Come se quel dolore non dovesse contagiare il resto del mondo.
Segue un attimo di silenzio, un attimo in cui il tempo sembra trattenere il fiato.
Poi arriva l’urlo.
Non è un urlo come gli altri. Non è voce. È anima. È una ferita aperta nella carne del mondo. È il suono di una donna che ha amato così forte da essere distrutta dalla sua stessa capacità di sentire.
L’urlo lacera le pareti, attraversa la casa, attraversa i cuori.
Nisan e Doruk gridano dalla paura. Sarp corre. Sbatte contro la porta. Chiede cosa stia succedendo. Nisan, con gli occhi pieni di lacrime, gli sussurra:
«Zia Yeliz è morta.»
E in quel momento anche lui capisce che nessuna ferita che aveva immaginato sarebbe mai potuta essere così devastante.
Bahar urla ancora. Si accascia sul pavimento. Le mani che graffiano l’aria. La voce che si rompe in un pianto che non ha consolazione possibile. Quella non è solo la notizia della morte di un’amica. È la morte di un legame che era diventato famiglia. Di una sorella scelta. Di una parte di sé.