La scena si apre in un silenzio carico di tensione, quasi sospeso tra ciò che è stato e ciò che sta per esplodere. Bahar si sveglia presto, muovendosi piano, come se persino il rumore del suo respiro potesse spezzare la fragile normalità che cerca disperatamente di mantenere. Nissan e Doruk, i suoi bambini, sono la sua unica forza, l’unico motivo per cui continua a respirare in una casa che non sente come sua: una casa dove il ritorno di Sarp, l’uomo che aveva creduto morto, ha riaperto ferite mai guarite.

Nissan, stanca e ferita nel profondo, le chiede perché debbano scendere a fare colazione quando nessuno in quella casa si comporta come una vera famiglia. Vorrebbe restare chiusa nella stanza, lontana dagli sguardi, lontana da quella donna che chiama “matrigna”, lontana dall’uomo che ha distrutto il mondo di sua madre. Ma Bahar, con dolce fermezza, la invita a non fuggire: il dolore non sparisce nascondendosi.

Sarp, dall’altra parte, osserva Bahar come se il tempo si fosse fermato anni prima, come se il loro amore potesse ancora esistere. Crede, o finge di credere, che un giorno potranno tornare ad essere una sola famiglia. Ma le parole di Bahar sono taglienti, non per cattiveria, ma per verità: niente tornerà mai com’era. Ci sono cose che il tempo non guarisce, tradimenti che nemmeno il perdono più puro può cancellare.

Intanto, al bar del quartiere, Arif si sacrifica ancora una volta per proteggere Bahar, firmando cambiali al posto suo, caricandosi colpe e debiti che non gli appartengono. Lui l’ha amata in silenzio, con rispetto, con quella cura che un fiore fragile riceve solo dalle mani più gentili. Ma il destino è crudele con gli uomini buoni.

Enver, nel frattempo, cerca lavoro tra un negozio e l’altro, con la dignità di chi non si arrende nonostante il peso degli anni. Vuole essere utile, vuole sentirsi necessario. Forse perché nella sua casa vive Sirin: una figlia diventata specchio deformato del dolore, dell’ossessione, dell’invidia. Una giovane donna che porta dentro un buio che nessuno sa spegnere.

Al bar, Ceyda e Hatice scoprono quasi per caso una notizia che avrebbero voluto nascondere ancora, almeno finché il cuore di Bahar fosse stato abbastanza forte. Ma la verità non chiede permesso. La verità arriva. Sempre.

Ed è proprio la verità, travestita da una telefonata, che distrugge Bahar.

Con il caricatore preso di nascosto dai suoi figli, Bahar riesce finalmente ad accendere un telefono. Fa una chiamata. E dall’altra parte, una voce amica, quella di Emre, le parla con una dolcezza che diventa veleno.