NUH NON PERDONA | HIKMET IN TRAPPOLA | NESSUNO È AL SICURO | La notte nel Cuore
Il vento della sera soffiava tagliente sopra la villa Sansalan, portando con sé l’odore della pioggia imminente e dell’inganno. Nuh camminava nel buio del cortile, lo sguardo perso nel vuoto, le mani tremanti di una rabbia che cercava di domare. Ogni passo risuonava come un colpo di martello nel silenzio. Da giorni sapeva che qualcosa non tornava, che dietro i sorrisi di Hikmet si nascondeva un segreto troppo grande per restare nell’ombra. E ora, quella verità stava per esplodere.
Tutto cominciò con una telefonata anonima, arrivata nel cuore della notte. Una voce roca, distorta, gli aveva sussurrato solo poche parole:
“Guarda bene chi ti chiama fratello.”
Da quel momento, la fiducia di Nuh si era incrinata. Cominciò a osservare Hikmet, i suoi gesti, i suoi silenzi. E ogni volta, un dettaglio nuovo lo feriva come una lama: un messaggio cancellato troppo in fretta, uno sguardo evitato, un incontro improvviso di cui non sapeva nulla.
Il giorno della resa dei conti arrivò quando Nuh trovò, nascosta in una busta tra i documenti del magazzino, la prova che non avrebbe mai voluto vedere: una firma, la sua, falsificata su un contratto che avrebbe consegnato le terre della famiglia Sansalan nelle mani di un uomo che Nuh considerava un nemico. Hikmet.
Quando lo affrontò, la villa fu teatro di una delle scene più intense mai viste. Hikmet, sorpreso, cercò di giustificarsi, ma la voce di Nuh lo interruppe con un tono che gelò l’aria.
— «Non dire nulla, Hikmet. Ti prego. Non sprecare il fiato per mentire ancora.»
Hikmet fece un passo avanti, il volto pallido, le mani alzate come per fermare la tempesta.
— «Non capisci, Nuh. L’ho fatto per salvarti. Tutto questo è più grande di noi!»
Ma Nuh rise, una risata amara e stanca.
— «Salvarmi? Hai venduto la mia fiducia. Hai venduto il mio nome!»
Nel suo sguardo c’era un misto di dolore e furia, come se stesse combattendo contro due nemici: l’uomo di fronte a lui e se stesso. Perché una parte di lui, quella più fragile, non riusciva ancora a odiare completamente Hikmet.
Le ore successive furono un vortice di tensione. Hikmet cercò rifugio da Leyla, l’unica che forse avrebbe potuto convincere Nuh a fermarsi. Ma la donna, che conosceva troppo bene il cuore spezzato dell’uomo che amava, non trovò il coraggio di parlare. “Nuh non perdona,” sussurrò, “e stavolta nessuno potrà fermarlo.”
Intanto, in città, le voci correvano veloci. Gli uomini di Nuh avevano già iniziato a muoversi. Vecchi alleati si radunarono nell’ombra, pronti a tutto pur di vendicare l’onore del loro capo. La notte calò come una sentenza.
Hikmet, braccato, tentò la fuga. Si nascose nel vecchio cantiere sul fiume, lo stesso luogo dove, anni prima, i due avevano costruito insieme il loro primo sogno: una società fondata sulla fiducia e sul rispetto. Ora quel posto era diventato la sua trappola.
Quando Nuh arrivò, la pioggia cominciava a cadere forte, battendo sui tetti di lamiera come tamburi di guerra. Entrò nel capannone con passo lento, la giacca scura incollata al corpo, gli occhi pieni di una calma solo apparente. Hikmet lo vide e indietreggiò.
— «Nuh… ti prego. Lasciami spiegare.»
— «Non c’è più nulla da spiegare.»

Il loro silenzio fu interrotto solo dal rumore del temporale. Per un istante, sembrò che Nuh potesse cedere, che la rabbia potesse trasformarsi in compassione. Ma poi la voce di Hikmet lo tradì ancora una volta.
— «Io non volevo farti del male.»
— «Eppure ci sei riuscito.»
Un colpo secco. Non una pistola, non ancora. Solo il rumore della porta che sbatteva, come un battito di cuore impazzito. Hikmet cadde in ginocchio.
— «Cosa vuoi fare, Nuh? Uccidermi?»
— «No. Voglio farti vivere abbastanza da capire cosa significa perdere tutto.»
Quelle parole furono una condanna. Nuh si voltò, lasciandolo lì, bagnato e distrutto. La pioggia cancellava le sue lacrime, ma non il peso di quella scelta. Perché non c’è vendetta senza dolore, e Nuh sapeva che la sua stessa anima era ormai marchiata.
Nel frattempo, alla villa, Leyla fissava il telefono in silenzio. Aveva appena ricevuto un messaggio anonimo:
“Uno dei due non vedrà l’alba.”
Il terrore le attraversò il corpo. Corse fuori sotto la pioggia, urlando il nome di Nuh. Ma nessuno rispose.
All’alba, la città si svegliò con la notizia che sconvolse tutti: Hikmet era scomparso. Nessuno lo aveva visto tornare. Nuh, invece, arrivò alla villa in silenzio, gli occhi spenti, la camicia ancora bagnata di pioggia. Non disse una parola. Si limitò a guardare il ritratto del padre, poi sussurrò:
— «La giustizia non è vendetta. Ma a volte, è l’unica cosa che resta.»
Leyla lo raggiunse, le mani tremanti.
— «Cosa hai fatto?»
— «Ho lasciato che il destino decidesse.»
Ma la verità era più cupa. Perché quella notte, qualcosa in lui si era spezzato per sempre. L’uomo che un tempo amava e proteggeva la sua famiglia era scomparso, sostituito da un’ombra che non conosceva più pietà.